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Titolo: Gianna Manzini

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1932-09-28

Identificatore: 1932_428

Testo: GALLERIA
Gianna Manzini
Com'è detto bene questo: « Non ha mai avuto un difetto di pronuncia (i bambini con un po’ di lisca sono di consueto timidi e dolci); l’erre gli s'è sempre arrotata bene contro il palato, e la esse ha sibilato linda; sicché non può aver mai detto sissignore con compunzione ». Passaggi cosi raffinati, atteggiamenti così sottili si incontrano quasi in ogni pagina del volume di novelle di Gianna Manzini (Boscovivo - Ed. Treves Treccani Tumminelli, Milano, 1932 - L. 10). Novelle? Prose liriche? La scrittrice toscana non si presta facilmente al gioco delle classificazioni. E poiché la sua voce é nuova e diversa nel coro italico delle allieve delle muse la salutiamo con un grande respiro di sollievo, ché finalmente, sì, anche la letteratura femminile, accanto a quella sterminata coorte dilettantesca e asintattica che inonda ogni anno il mercato librario d'una produzione narrativa compassionevolmente futile e sgrammaticata, può fornirci un documente degno d’esser preso sul serio. Dice una presentazione editoriale del libro della Manzini: « Ci sono ancora taluni critici che mostrano di tenere in minor conto la letteratura femminile... ». Noi siamo tra questi, e ne abbiamo esposto mille volte le ragioni. Appunto perché la Manzini non ha nulla da spartire con la letteratura femminile d’oggi, appunto perché la sua arte reca segni non confondibili di nobiltà e si giova d'una reale autonomia d’ispirazione e di tecnica, il caso Manzini va giudicato all’infuori della produzione narrativa odierna che a troppe pseudo-scrittrici ha spalancato compiacentemente le porte. « Vedano nelle ultime pagine di questo libro — continua la presentazione — la Giornata di Don Giovanni e dicano se un ingegno maschile saprebbe intuire e scrutare, con più libera e acuta penetrazione, le più riposte pieghe dell’anima umana nella verità e nella menzogna, dell’insaziato desiderio d'amore ». Non si tratta di dire o di non dire; soprattutto non si tratta di pesare l’ingegno della Manzini al paragone d’un ingegno maschile. Taluno ha potuto e può scrivere sul valore e sull’essenza del dongiovannismo pagine più solide e psicologicamente più sicure delle sue (non è certo poi che sia codesto il miglior racconto del volume, da citare in senso assoluto); nessuno ha mai saputo intuire con tanta lucidità il significato umano del. simbolo, attraverso la sua innegabile sofferenza e la sua malinconia. Don Giovanni, come tutti i personaggi della Manzini, è un fascio di nervi, è una creatura tremante, d’una sensibilità così acuta da parere quasi malata: di questo stato la scrittrice fa uno stato di grazia per sè e per le sue creature, attinge i vertici della poesia passando per gli stadi meno comuni della sensazione, distaccandosi si direbbe da ogni forma corporea perchè il volo sia più liève e veloce. Donde quel carattere astratto e segreto che ha. la sua scrittura, quell'arditezza e squisitezza de’ suoi atteggiamenti che qualche osservatore superficiale può scambiare per virtuosismo e ricerca dell’effetto (non facile, ad ogni modo, ma sorvegliato).
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File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 28.09.32

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Gianna Manzini,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 15 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/684.