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Titolo: Una nuova "Vita di D’Annunzio": Il poeta giovane

Autore: Lorenzo Gigli

Data: 1933-11-29

Identificatore: 1933_515

Testo: Una nuova
“Vita di D’Annunzio"
Il poeta giovane
In due volumi della Biblioteca Vallecchi è uscita la Vita di Gabriele d'Annunzio di Camillo Antona Traversi, che è il risultato di lunghe pazienti fatiche durate a studiare e raccogliere notizie e fatti riguardanti il poeta abruzzese. Su D’Annunzio, la sua vita, le sue gesta, le sue opere esiste ormai una biblioteca. Non c’è angolo riposto della sua avventurosa esistenza che non sia stato frugato, non c’è faccia della sua complessa figura che non sia stata scrutata, non c’è momento della sua attività di creatore che non sia stato studiato, non c’è significato e simbolo della sua opera lirica narrativa drammatica che non si sia cercato d’interpretare; ma crediamo che nessuno, per quanto orgogliosi fossero i propositi dai quali fu mosso, abbia mai creduto in buona fede di poter esaurire l’argomento propostosi, anche se limitato a un aspetto della figura dannunziana e a un periodo della biografia. Una vera vita di Gabriele d'Annunzio, dice l’Antona Traversi con ragione, si potrà scrivere solamente cinquant'anni dopo la sua morte « quando sarà stato raccolto il suo epistolario, uno certo dei più belli onde trarrà vanto la letteratura italiana ».
Imbarazzo dei biografi
Cos’è dunque e quali i fini di codesta nuova biografia dannunziana che s’inizia con un movimento tanto felice richiamandosi all’epistolario al quale non si può pensare se non come a una miniera di fatti, di interpretazioni, di sintesi, a un repertorio linguistico, a un superbo documento psicologico e storico? Accolta nella Biblioteca Vallecchi, essa si raccomanda da sè: non al pubblico privilegiato, ma al pubblico vasto, alla folla. D’Annunzio alla portata di tutti, per imparare ad amarlo. Accanto all’uomo prodigioso « si trova un uomo semplice buono affettuoso, che ha timore di far pena anche lieve ai suoi amici e che un nonnulla diverte: una pelle di serpente incontrata sull’orlo di una strada, un fiore d’oleandro colto sulle rive dell’Alfeo ». Si divertì, per esempio, molti anni fa, a mettere in imbarazzo i biografi attestando d’esser nato nel 1864 « a bordo del brigantino Irene nelle acque dell’Adriatico ». Onde ancor oggi c’è chi si ostina a dire che le circostanze della sua nascita sono assai meno semplici di quanto raccontano i biografi, che il poeta non si chiama D’Annunzio, ecc. ecc. C’è sempre nel filisteo un impulso segreto a vendicarsi, con le armi che può adoprare, di coloro che stanno più in alto di lui.
L’infanzia e la fanciullezza a Pescara, la casa paterna, donna Luisella e le sorelle di Gabriele, gli amici: è difficile recare nuovi contributi a questa parte della biografia dannunziana. Tra gli amici l'Antona Traversi ne ricorda uno dei banchi di scuola, Enrico Seccia, del quale riferisce questa testimonianza: «Nessuno più di me può conoscere come, fin dalla sua fanciullezza, rivelasse un’anima nobile, un cuore generoso, non disgiunti dalla coscienza del proprio essere. Egli era bello! Carducci lo chiamava il Cherubino; e io, che avevo già l’intuizione della futura sua ascensione verso la gloria sfolgorante, solevo dirgli, col Petrarca, baciandolo: — Spirto gentil che quelle membra reggi... ».
Il convittore D’Annunzio
Il piccolo scolaro di Pescara diventò poi lo studentino di Prato. Di Gabriele d’Annunzio convittore ha scritto Tomaso Fracassini in un libretto di aneddoti che poco o nulla lascia nell’ombra. C’è tutto lo « stato di servizio » di Gabriele collegiale del Cicognini; e val la pena di rileggere, come meno noti, due rapporti del 1878 e del 1880 del prefetto Giusfredi, addetto alla prima camerata alla quale apparteneva il D’Annunzio, rapporti che dimostrano come il modesto precettore avesse intuito nel giovinetto un’individualità prepotente, un ingegno fuor del comune, una ambizione virile.
« Più uomo di tutti i suoi compagni — dice il buon prefetto — e dedito tutto a farsi un nome grande » (la frase è bellissima). E su questo chiodo del nome grande batte ancora, in un rapporto di due anni dopo: « È tutto cuore ed ha molta volontà di farsi un nome grande; se qualche volta fa una mancanza così così, non è da chiamarsi colpevole, giacchè posso accertare che ha sempre la testa alla poesia ed è sempre distratto ».
Il primo volo nel cielo lirico lo spiccò in occasione di una promessa visita di Re Umberto al collegio, chè il rettore aveva invitato il giovane Gabriele a comporre un’ode per il giorno natalizio del Sovrano. In questa prima prova egli ebbe a collabolatore un alunno della terza liceale, Vittorio Garbaglia, e insieme scrissero l’ode che già palpita del vaticinio compiuto tanti anni dopo da Colui che « fu re sul mare » e tradusse in realtà, a Vittorio Veneto, il sogno dei poeti e degli eroi.
Dopo il primo volo, la rondine non si ferma più. Gabriele aveva raccolte in un quaderno le poesie composte in collegio, e fattele leggere al padre, questi, nell'estate del 1879, decise di darle alle stampe.
Di lì a pochi mesi usciva nel Fanfulla della Domenica il famoso articolo con cui il Chiarini presentava all’Italia il nuovo poeta.
Grande fu la gioia di Gabriele nel leggere « l’alta lode ». Ne fa fede una lettera inedita al Seccia, che l’Antona Traversi riferisce:
«... credilo, in questi giorni non ho avuto respiro per la mia pubblicazione e per tutti i fastidi e le soddisfazioni che s’è portata seco... Ho sentito Monna Critica, come la chiami tu, con la più grande serenità d’animo: i biasimi non m’hanno levato l’appetito, le lodi nè pure; ossia certe lodi, perchè quelle del Chiarini, il gran critico livornese, il poeta delle Lacrymae, me l'hanno tolto davvero. Non puoi credere che commozione ho provato in quel giorno. Fu uno dei più belli della mia vita... ».
Gabriele esce finalmente dal Cicognini. È l’estate del 1881. Da Prato, il poeta va per l’Italia e sosta a Roma. E s’inizia l’ascesa.
Fischi alla bella Otero
La storia di questa ascesa è ricostruita dall’Antona Traversi passando per una selva d’aneddoti più o meno conosciuti. Come quella seduta del Tribunale correzionale di Firenze in cui il poeta il 2 settembre 1906 fece condannare un fittavolo che gli aveva ucciso con una schioppettata alla Capponcina un magnifico cucciolo di dieci mesi. Patrono del fittavolo fu il giovanissimo avvocato Ulisse Contri il quale, « per far contrasto all’importanza data al processo, pronunziò una difesa burlesca, intramezzandola così bene di versi, di frasi e ricordi dannunziani da meritarsi le immediate, pubbliche e calde congratulazioni del poeta ». Al quale toccò poco dopo un’altra curiosa avventura. S’era recato a Bologna per assistere alle rappresentazioni della Francesca, e proprio in quei giorni al teatro Duse si esibiva la « bella Otero ». La notissima ballerina spagnola non incontrò il gusto dei bolognesi che fin dalla prima sera la fischiarono di santa ragione. Un burlone telegrafò ai giornali di Milano che « tra i fischiatori c’era anche Gabriele d’Annunzio». Sulle ali del telegrafo, la notizia giunse subito a Parigi. Il Figaro la pubblicò con questo titolo: « Poète peu galant », e tutti gli altri giornali la commentarono aspramente. Il poeta provvide a smentire lo stupido scherzo: « En effet, il s’agit d’une petite saleté offerte à la crédulité des imbéciles par un doux confrère chagrin. Madame Otero doit en avoir bien ri ».
l. g.
Autografo d’una poesia scritta da Gabriele d’Annunzio a 16 anni.
Gabriele d'Annunzio a diciotto anni.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 29.11.33

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Citazione: Lorenzo Gigli, “Una nuova "Vita di D’Annunzio": Il poeta giovane,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 18 aprile 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/1325.