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Titolo: Bruno Corra

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1932-05-04

Identificatore: 1932_220

Testo: GALLERIA
Bruno Corra
Corra viene dall’avanguardia. Qualcuno ricorda forse ancora il decadentismo raffinato che si celava sotto esuberanze ed esplosioni di giovinezza nel suo volume d’esordio. Con mani di vetro. Quanti anni fa? Risparmiamoci, questa aritmetica. La crisalide era felice, le ali per il volo spuntavano.
Pochi furon forse a notare allora certe possibilità del Corra in direzioni tutt’affatto diverse da quelle che le sue prime prove potevano far supporre, come dire un gusto della caricatura e del grottesco e un fondo di humour fumista, di ma linconia roman tica venata di sorriso. Un giorno, Bruno Corra si buttò decisa mente all'arte narrativa, e da allora la sua bi bliografia s’accre sce ogni stagione di uno o due volumi, che i lettori riconoscono a fiuto per merce buona, garantita dal nome e dal recente passato. Sanno quel che vi trovano, in fatto d'invenzione e d'intrigo, puntano sul Corra come sopra un numero fausto nel gioco della letteratura narrativa d'oggi, reali e solide essendo le sue doti di, narratore, concretate in una serie di libri, gli ultimi dei quali sono la storia brigantesca del Passatore, la biografia di Irene, premio di bellezza nel quadro della decadenza dell’ Impero romano, e oggi questo Errore di Violetta Parvis (ed. Sonzogno, Milano, 1932. L. 8), che accresce l'albo delle donne di Corra d'un bel ritratto psicologico finito con cura e collocato in piena luce. Perchè l'arioso e il sereno delle psicologie corriane sono in rapporto diretto col temperamento dello scrittore, legato per origini, animo e tendenze al carro della tradizione mediterranea, anticomplicato per definizione, amante delle posizioni nette e delle coscienze limpide. L'esasperazione analitica, il freudismo e l’introspezione recano marche che tradiscono di lontano influenze semitiche e incroci intellettuali spuri, anche se qualche grande artista come Proust e Joyce vi ha costruito sopra edifici non perituri. Qui si vuol dire, senza aver l’aria di stabilire raffronti e graduatorie fuor d'ogni giustificazione, che il clima corriano è diverso, nostro, latino; dal tronco della tradizione narrativa divergono rami schietti, ricchi dì succhi genuini, capaci di fiori e di frutti. Anche quando affronta qualche problema dell’ora (ma l'attualità non è in fondo una gran tentatrice per il Corra), anche quando tocca qualche tema urgente, com’è quello dei contrasti di razza, del dissidio Oriente-Occidente (si veda Sanya, che non è un romanzo completamente riuscito), il nostro vi porta una chiarezza e semplicità di propositi che è prima di tutto una patente d’onestà. Nel romanzo ultimo, in Violetta Parvis, non ci son tesi e problemi; o meglio vi ha un problema morale (l’educazione, da parte di parenti rigidi, della figlia d’una donna che peccò) impostato e trattato con delicatezza da poeta e con molto buon gusto su trame psicologiche assai sottili, ma nitide. La scena della dedizione di Violetta, fanciulla istintiva che per la libertà di certi atteggiamenti può sembrar corrotta e non è, s’inserisce nel racconto con precisione di particolari in una assoluta castità di linguaggio; ed è l’episodio centrale, la risolvente dell’azione in linea morale ed artistica. In realtà Violetta è sempre una creatura innocente, che non ha mai conosciuto la protezione materna, che ha il cuore premuto da un peso di maledizione e d'ingiustizia: una ribelle per fatalità. Continua in lei la vita di sua madre. Si riassume in lei per molti caratteri la fanciulla d’oggi. Ricordiamoci, del resto, che tra i migliori romanzi del Corra sono pur sempre da ascrivere quei Bevitori di sangue, dove il nostro travaglio morale del dopoguerra è osservato con pensosa attenzione e interpretato con umana e artistica sensibilità.
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File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 04.05.32

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Bruno Corra,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 14 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/476.