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Titolo: Canti taciuti

Autore: Adriano Grande

Data: 1932-02-03

Identificatore: 1932_171

Testo: Canti taciuti
I.
Quando nel soliloquio grigio della mia vita entrasti tu, fanciulla, pensiero inaspettato, ramo fiorito nella buia stanza di un ammalato?
II.
Ora che sei venuta io mi risolvo in te, nebbia nel sole.
Davanti mi maturi, sogno che si fa carne.
Sento che il suono della tua voce mi corre nelle vene come il sangue.
III.
Ad ogni battere delle tue ciglia, ad ogni gesto delle tue mani mi par che tremino i cieli e i mari più lontani.
IV.
Da che la tua presenza abita spiaggie e lande — come la brezza increspa l’onde, piega le piante — tutto ritorna grande nel mondo; e rifiorisce di trepida sapienza.
V.
Tu mi rammenti un sole rovente
che s’affogò una sera nel mare.
Greggi di nubi bianche scendevano pei monti: ma sfolgoravan l'acque distanti.
La mente s' affacciava a un’epoca di gloria sensuale.
VI.
Poi mi ricordi un’alba assorta: su un’immensa pianura
bovi severi e lenti aravano.
Solennemente attenti, come ad un rito i colli e gli alberi guardavano.
VII.
E so di quando mi ti rivelasti, luminoso meriggio.
Rosea sotto il fogliame Veri appoggiata a un tronco.
Di pianta in pianta il bosco andava mormorando per la tua vista.
A un tratto un raggio sperso scivolò tra le rame a te di contro, impalpabili rese i tuoi capelli, strani riflessi diede alla tua bocca, per sempre ti fissò dentro i miei occhi. VIII.
A primavera negli ospedali
ci son mattini d’esaltazione
che i malati si levano e cantano.
Vanno i convalescenti nei giardini, con opaco stupore
godono i mutamenti delle aiuole;
per il tepor che i vetri
schiarisce
i moribondi accettano la fine senza rancore.
Tu sei per me come quelle mattine: quando t’incontro, i canti taciuti in me s’esaltano in un tumulto che non trova voce.
E so che il giorno in cui potessi dirti a gola piena quanto ti ho nel cuore, come accade talvolta all’usignolo, mi scoppierebbe questa vena che nel cantare mi duole.
IX.
Se di quél che ho patito vivendo tu fossi esperta senz’aver dolore! Cammini franca e le cose t’inchinano di colpo fatte più chiare.
Quando t’annuvoli
come un cielo d’oriente è per breve.
Io penso a quello che dovrai sapere.
X.
In pace la tua anima è un boschetto, ma par foresta al primo lieve vento. Ombre vi sono in cui non oso entrare, misteri che non debbo sapere: e il suo silenzio è tanto perfetto
che dà spavento a chi lo vuol turbare.
XI.
Umido hai l’occhio, gaio come aurora
che si leva s’un poggio:
ma se mi vieni incontro, turbinosa
fiamma m’appari
e ricolmi di lampi il mio riposo.
Avvolto in una nube
candida, che i pensieri
tentano appena, Il tuo grembo è radioso.
Vorrei posarvi lungamente il capo: s’anche tu mi bruciassi, scemarvi in un profondo sonno la piena
del sangue ormai da troppo tempo ansioso.
Adriano Grande.
Dicembre, 1924.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 03.02.32

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Citazione: Adriano Grande, “Canti taciuti,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 15 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/427.