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Titolo: Giuseppe Zoppi

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1932-02-03

Identificatore: 1932_170

Testo: GALLERIA
Giuseppe Zoppi
Nato nel Camion Ticino, trentasei anni fa, cresciuto tra i pastori della sua vallata, Giuseppe Zoppi ha descritto in una serie di volumi questo suo mondo semplice e schietto, così vicino alla natura e all'eterno. Egli rappresenta, con Francesco Chiesa, maestro, la cultura italiana e il pensiero mediterraneo nella vita svizzera d’oggi; e i suoi meriti sono stati ufficialmente riconosciuti con l’assegnazione d’uno dei massimi premi letterari della Confederazione, quello che s'intitola al nome di Federico Schiller. Il premio ha segnalato particolarmente due opere del nostro: Il libro dell’Alpe e Quando avevo le ali. Il primo esce adesso in una terza ristampa che inaugura una collezione sulla vita in montagna e sulla passione della montagna edita dall' «Eroica » (tutte le opere di Giuseppe Zoppi recano questa chiara marca editoriale): vi sono aggiunti tre capitoli nuovi e il libro è stato sottoposto ad una revisione stilistica che l’autore si è imposta come una disciplina interiore, tradotta in forme più agili e musicali. Ma il libro resta, com’è nato, un caratteristico blocco di immagini e di ricordi legati alla stessa personale esperienza dello scrittore, alle sue origini, alla forza genuina del suo mondo sentimentale e poetico. Lo Zoppi, dicevamo, è nato e cresciuto tra i pastori dell’Alpe svizzero: Alpe al maschile, che significa quel lembo d'alta montagna in cui si portano le bestie a pascolare quando le nevi si sciolgono e dove si rimane sino all'autunno inoltrato; lo Zoppi è stato, adolescente, un pastorello dell’Alpe, s’è imbevuto del verde dei pascoli che sembra uno specchio nel quale concorrono il fondo azzurro della calotta celeste; il bianco gelido dei, ghiacciai, il giallo tenero dei fiori della primavera alpestre. Colori stemperati su una tavolozza miracolosa, sentimenti distillati nella solitudine, emozioni di colloqui misteriosi tra la terra e il cielo, là dove la terra gli è più vicina. Questo senso religioso della montagna è passato nel libro dello Zoppi con la sua primordiale imponenza, con la sua cristallina luminosità; vi è passata la poesia della vita solitaria « in montibus sanctis » che non significa il petrarchiano disprezzo del mondo, ma qualche cosa di più spontaneo, di più puro, di meno turbato dai relitti delle passioni terrene, infine una posizione ideale per i colloqui con se stesso, per riconoscersi e ritrovarsi. Lo Zoppi, fanciullo, viveva due vite: l’una aspra e selvaggia, d’estate, in montagna: l'altra facile semplice e cristiana nel villaggio in fondo alla valle. Questa seconda è rievocata nei dieci racconti che compongono il volume Quando avevo le ali, primaverilmente sereno. Vi codesta serenità è pervasa anche la raccolta di liriche La nuvola bianca, e vivono le prose del Libro dei gigli nel quale l’autore ha voluto dire la grazia soave dell’infanzia e della prima fanciullezza, la gioia d’insegnare cose belle alle anime vergini, il sorriso che persiste innocente e raggiante fin entro le scuole più povere e nude. Dobbiamo pure allo Zoppi uno studio critico sulla poesia di Francesco Chiesa, che métte perfettamente a fuoco la persona artistica del cantore di Calliope; e una elaborazione delle più belle Leggende del Ticino inquadrate in quel paesaggio che lo Zoppi ama e sente con straordinaria intensità.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 03.02.32

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Giuseppe Zoppi,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 15 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/426.