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Titolo: Visita a Max Jacob

Autore: Lionello Fiumi

Data: 1932-03-16

Identificatore: 1932_103

Testo: Visita
a Max Jacob
Parigi, marzo
M’aveva scritto di andarlo a trovare al pomeriggio, il giorno ch’io volessi, e giunto, così, all’Hôtel Nollet all’imprevista, fui un po’ sorpreso quando la padrona, soffiato nell’ebano del telefono il mio nome, mi disse di salir senz’altro alla sua stanza.
La gabbia dell’ascensore salì lenta come una bolla d’aria in un olio e si fermò al piano stabilito. Al di là del cancelletto a fisarmonica stava già, con l’aria d’attender proprio me, un omino calvo in pigiama e pantofole, dalla faccia rasa e passa di comico a riposo, in cui riconobbi, senza bisogno di preamboli, quello che tante volte avevo visto in fotografia. Mi fissò un momento di sott’insù, con occhi neri ed arguti che appena un lampo di strabismo divaricava, e, tesami la mano con un sorriso canonicale, m’invitò a seguire quel suo passolino minuto e zoppicante. Non ebbimo da percorrere un gomito di corridoio, che già eravamo nella sua stanza: così, con semplicità, come un amico di lunga data, Max Jacob mi introduceva di colpo nella sua più quotidiana intimità.
Mi colpì, prima d’ogni altra cosa, una tavola su cui, invece di libri e scortoffie, eran disposti in disordine barattoli di colori, scatolette di pastelli, pennellesse e pennelluzzi, un règolo di legno, un guscio d’acqua torba. Un foglio di carta era puntato con quattro bullette sul ripiano della tavola e un abbozzo a matita cominciava a rimpolpar le sue nudità, qua e là, di colorini teneri. I muri eran tappezzati di guazzi e di acquerelli, scene campestri, inferni con diavoli e dannati, crocifissioni cristiane e, in un canto, la firma: Max Jacob. Già: avevo dimenticato che il poeta era — anche lui — pittore e che dei suoi guazzi erano state fatte delle mostre che avevano menato scalpore nelle cappelle d’avanguardia.
— Faccia tutto ciò per vivere, amico mio — mi spiegò, vedendo che li esaminavo; e il tono era umile, quasi si scusasse di quelle infedeltà alla penna. — Qualcuno ha avuto la bontà di trovare queste cose interessanti e di comperarmele a prezzi vantaggiosi. Allora ho continuato. Ma voi, che siete così giovane, quanti anni avete? In che mese siete nato? In aprile? Oh bel mese, voi dovete amare molto i viaggi. Sì? Amate molto i viaggi? Non stupite, amico mio, l’astrologia è una cosa seria, assai più seria di quanto non si creda. Aspettate, vi dirò di più...
Aprì un armadione che imprigionava una sommossa di indumenti e di libri e trasse un minuscolo calepino, sfogliandone rapidamente le pagine.
- Una donna vi amerà. Sarà un grande amore. Il vero amore. Sarete molto felice. Avrete...
Toglieva gli occhi dal calepino e li alzava su me ad ogni frase, come per studiarne l’effetto. Io ero felice, infatti, ma di vedere Max Jacob rivelarmisi così su due piedi, così senza pose, senza sparato, con la naturalezza della lastra fotografica che si rivela nel suo bagno. Un Max Jacob tanto coerente a quella sua letteratura così poco letteratura, tra l’ingenuo e il buffonesco, l’ironico e il magniloquente, l’invertito e il convertito, con abbondante spolvero di fumisterie sui tutto.
— Una donna vi amerà. Sarete assai felice — ripetè chiudendo il calepino; e sospirò: — Invece io, che sono vecchio, che ho rinunziato a tutto! Che cosa terribile invecchiare! Povero Max. Non piacere più, non piacere più, amico mio...
M’aveva preso una mano e la teneva nelle sue, con un languore tra lamentoso e buffo, guardandomi negli occhi e reiterando quel lagno in cui non si capiva dove finisse l’accoramento vero e cominciasse la parodia maxjacobesca.
— Ora, se permettete, lavoro. Sono povero. L’albergo mi fa credito. Ils sont très gentils. Ho detto loro: « Ma, e se poi non vendo? ». M’hanno risposto: « Di Max Jacob non abbiamo paura ». Sanno che l’altr’anno ho venduto per centomila franchi. Ma ora i tempi son più duri. Capite bene che devo lavorare molto, e vendere.
Si sedette alla tavola, voltandomi le spalle, prese il règolo, tracciò a matita lo stipite d’un porticato. Lo copiava tal quale da una fotografia che consultava ogni tanto. — Ecco come faccio — mormorò senza sollevare la testa dal foglio. — Mes amis me pardonnent ça.. — E, tuffato un pennellino in un barattolo, cominciò a strofinare il foglio con delicatezza, Quel cattolico Max Jacob, calvo, e raso, in palandrana, curvo sulla paziente calligrafìa del disegno, mi faceva pensare ad un monaco alluminatore di medioevo.
Riprese a parlare con dolcezza un pò untuosa, strofinando di pennellatine la carta, parlava con candore, dicendomi tutto quel che gli passava per la testa, mettendo a nudo tutte le sue debolezze, ostentando una graziosa civetteria nel sottolineare l’orrore dei suoi peccati più che veniali e il giusto castigo che meritavano.
— Ed ora un po’ di riposo. E discorriamo pure di poesia.
Prese una cartella, accostò una poltrona al divano e, affondatosi nei cuscini, stese la gamba dolente sui bracciuoli di quella, mentre m’esortava a fare altrettanto. Sfogliavo la cartella gonfia di manoscritti, soffermandomi su tre versi accanto ai quali il poeta s’era scapriccito in un pupazzetto ridarello, leggendo una lirica già dattilografata, decifrando le varianti che sgattaiolavano fuor delle righe.
— Semplice — commentava Jacob — la poesia ha da essere semplice, io ho orrore della poesia troppo brava, de la poésie artiste. E ci dev’essere sempre qualcosa di dietro. Io guardo una poesia per di dietro! Cerco se ha dell’umanità. Non siete così anche voi, nei vostri versi, se ben ricordo?
La cartella non finiva mai, la fecondità di Max Jacob era inesausta, e l’ora doveva essere già avanzata. Fu come se l’orologio rompesse una bolla di sapone, quando oppose lo scorrere inesorabile del tempo al fermo incantesimo della poesia.
— Già. E’ l’ora d’andare. Se mi attendete due minuti, esco con voi.
Passò in uno sgabuzzino annesso alla stanza e si fece pudicamente schermo tirando una cortina. Quanto era Max Jacob, questo Max Jacob dietro la tenda, che cangiava pelle come il pagliaccio del circo! Uscì, infatti, senza più pigiama, in calzoni, per porsi davanti allo specchio e buttar le bretelle su una camicia rosa, d’un ineffabile rosa pastiglia di sublimato.
— Le penitent en chemise rose! — esclamai scherzoso, alludendo al titolo d’un suo libro, Le penitent en maillot rose. Sorrise anche lui e, appiccicata una certa cosa al palato, mi sorrise di nuovo, ma in faccia, stavolta, come per mostrarmi l’orgoglio d’un bel sorriso fatto finalmente di denti bianchi.
— Ecco cos’è la vecchiaia — ammiccò accennandomi alla rastrelliera di smalto, troppo regolare e di una bianchezza che dava nell’azzurrognolo. — Voi non sapete, voi che, siete giovane!
Adesso era vestito tutto di nero e, in queirimpeccabile lutto, solo si ritagliava, canterino come un galletto, il rosa ineffabile della camicia. Max lo soffocò acciambellando intorno al collo una sciarpa di seta bruna a rigoni crema e, poichè osservavo il pittoresco aspetto di comico a spasso ch’egli andava pigliando, mi specificò: — Ammirate questa sciarpa? La vidi indosso ad una bella signora.
Mi piaceva, la signora la donò a Max Jacob. Non mi sta bene?
Avvitò nell’orbita il vetro d’una caramella e, tutto fiero, mi condusse verso l’uscio: — Avevate visto un Max Jacob quasi in mutande. Ora vedete un Max Jacob quasi dandy.
Celiava. Tuttavia sentivo, in fondo, la soddisfazioncella dello scrittore convinto d’aver fatto il suo piccolo effetto sopra una nuova conoscenza. In questa punta d’innocuo istrionismo scoprivo ancora un tratto di coerenza fra l’uomo Max Jacob e la sua arte.
Ci lasciammo in Place Clichy, all’ora che quest’anticamera di Montmartre ribolle di luci e frastuoni in foia verso la cittadella del piacere. Lo guardai allontanarsi col suo pas solino cauto e zoppicante, tra il finimondo di auto. E il, peccatore penitente e impenitente mi parve aureolato della sua atmosfera logica, in quel modernissimo inferno di fuochi elettrici e di ruggiti meccanici, confinante colle promesse dei paradisi artificiali.
Lionello Fiumi.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 16.03.32

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Citazione: Lionello Fiumi, “Visita a Max Jacob,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 14 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/359.