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Titolo: I libri della settimana

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1933-07-12

Identificatore: 1933_321

Testo: I libri della settimana
Paolo Orano e la cronaca
Sessanta pagine d’introduzione al nuovo volume di Paolo Orano (Cronache del rumore e del silenzio — Edizioni Corbaccio, 1933 - L. 10) spiegano storicamente e psicologicamente cos’è la cronaca. Il primo fattaccio glielo fornì, all'alba del mondo, la morte d'Abele: con esso incomincia la storia. Ma il fascino della cronaca e la sua ragione di presa sulla fantasia e sul sentimento del pubblico stanno in ciò, ch'essa dà, a tutti, la vita degli altri in balia. La storia, si, maestra della vita; ma maestra della conoscenza e dell’esperienza popolari è la cronaca, quella stampata o quella parlata. Onde la formola: « Il racconto deve rievocare con minuzia realistica, con allucinante evidenza l’accaduto, in modo da suscitare il parossismo della partecipazione... ». E qui si allude proprio al fatto di cronaca come fatto rumoroso, al quale gli spettatori non restano estranei, ma formano il coro. Le stesse cronache d'un tempo intese in senso letterario e come tali catalogate nei manuali scolastici e postillate dai filologi, sono dei calepini dove il fatto rumoroso ha trovato giorno per giorno il suo annotatore diligente, talvolta ingenuo e fresco come il sentimento plebeo. Codesti cronisti sono del trascrittori di fatti, di pettegolezzi e di curiosità, che operavano un poco come, tanti secoli dopo, operava il Belli ritagliando gli aneddoti del giornali e classificandoli perchè poi gli servissero da spunti per la sua musa satirica. La cronaca è come la scienza: non sa che quello che sa, ma implica il diritto a giudicare giorno per giorno i fatti e gli uomini. Queste premesse giustificano il titolo del libro di Paolo Orano come ponte tra la cronaca-rumore e il fatto rimasto silenzioso e quindi non assunto all’onor della cronaca. « Il silenzio di per se stesso non ha cronaca, ma ciò non vuol affatto dire che il silenzio sia inattivo ed infecondo ». Il rumore non pensa, il silenzio pensa anche troppo, ed è l’orgoglio dei solitari e dei misantropi, il generatore delle « cronache d'anima ». Sono cronisti del silenzio Marco Aurelio, Pascal, Leopardi, Rousseau, Amiel, Montaigne, Novalis, Maurizio de Guérin, Maria Bashkirtzef. Per essi le cose degli altri hanno pochissima importanza o non ne hanno affatto: « importantissimi invece sono i loro stati d’animo datati anno mese giorno ora, i loro attimi di melanconia, di nostalgie, di ispirazione. Antigiornalisti che impongono il loro giornale perchè il bisogno della cronaca, d'una cronaca, è imperioso per tutti, nessuno eccettuato ». Della quale cronaca nessuno storiografo ha messo in dubbio l'entità documentaria, sia per la ricostruzione più profonda e sostanziale delle epoche e la conoscenza dei caratteri individuali e collettivi, sia come mezzo di sfogo e di complemento della vita quotidiana. « L'episodio, l’aneddoto risolvono ormai più d’un problema storico, modificano, rettificano più d’un giudizio. La possibilità di ricostruire gli ambienti della vita antica a mezzo del rilievo e del punteggiamento dei fatti minuti ha pressoché radicalmente mutato il nostro giudizio storico... ». Nel corso del libro, il metodo si rivela ottimo al paragone delle figure e dei fatti che Paolo Orano illustra con l'abituale maestria. I suoi personaggi sono Giulio Cesare come organizzatore degli « Acta Diurna », che erano la cronaca quotidiana d'allora, Marco Aurelio come autore del « Ricordi » (cronache d’anima, diario intimo), Dante come inventore dell'intervista, il marchese di Dangeau diarista del Re Sole, la cui fedeltà ed onestà l’Orano rivendica, gli scrittori dei Mémoires del tempo rivoluzionario; e poi « rumorosi » e « silenziosi » da Mirabeau a Franklin, dal Monti al Leopardi, da Paul-Louis Courier re del pamfletismo al poeta Béranger re della canzone, dal Sismondi al Canning, da Emerson a Dickens, da Gioberti a Cavour. Questo bel libro dell’Orano è, per profili, la storia del giornalismo riportato a quel senso romano del « giorno » che nessuno ha interpretato ed esaltato alla pari di Cesare.
Paolo Orano
Il cuore e l’assurdo

Qui si discorre di Giuseppe Villaroel e delle virtù del suo canto. Che è la libera esplosione di una coscienza virile di fronte alle oscillazioni dei sentimenti influenzati dalla tirannia della vita e dalle contraddizioni della realtà. Il Villaroel, siciliano, uomo di studi, attaccato per gusto aristocratico alla tradizione e insieme avido e curioso del nuovo, dunque spirito riflessivo e dinamico, è un lirico sensuale e istintivo che domina la materia e la plasma in virtù d'una conquistata disciplina artistica, cioè d’un fatto morale ed estetico che può essere assunto a paradigma della sua biografia. Anche nella poesia del Villaroel si introducono motivi nostalgici appena avvertiti alla cui origine sta appunto un altro elemento biografico, il « giovanile errore » della evasione dall’ambiente provinciale per la ricerca degli orizzonti sconfinati, l’illusione della libertà uccisa dal realismo borghese delle metropoli tentacolari. L’impostazione romantica del canto di Villaroel è una autoconfessione che riveste accenti di commossa umanità, un punto di partenza per scoperte morali e psicologiche assai notevoli: nè vanno dimenticate, per la loro spiegata adesione al dolore universale, certe liriche della Bellezza intravista e di Ombre sullo schermo. Adesso il Villaroel pubblica, sesto della collana dei « poeti italiani viventi », Il cuore e l’assurdo, il cui titolo il poeta si ferma a spiegare: « Il cuore ha una sua vita assurda di cui ci accorgiamo soltanto quando, a fil di logica, vogliamo spiegare i suoi moti e le sue contraddizioni.
Eppure, se osserviamo attentamente, ci avvediamo che è più logico, rispetto alla natura, l’assurdo del cuore che quello della ragione. Perchè anche la ragione diventa assurda di fronte ai nostri sentimenti e ai nostri istinti. Viviamo in questa altalena senza avvertirla; e dall'urto delle verità inammissìbili nasce il nostro tormento quando l’amore e il dolore ci possiedono... ». Tale tormento vuol esprimere il nuovo canzoniere del Villaroel, aprendo spiragli d’introspezione sull'oscuro affanno « che fa parte di me nell'universo », e ricercando dietro il gioco delle apparenze e delle illusioni il volto della verità o la smorfia dell'inganno, poli dell'avventura umana riconosciuti e pur sempre sfuggenti. Il tema dichiarato del libro è questo; ed è questa la sua forza, cioè un’intensità drammatica realizzata non con sapienti variazioni intellettualistiche di un concetto, e con l'artificio di marca superiore, ma con la sincerità d’uri atteggiamento di autocritica che si risolve spesso in abbandono e quindi in felicità poetica. Il perenne fluire della vita è come un gorgo dove il cuore naufragherebbe se non lo sostenesse l'ideale che è fede insieme e forza di resistenza e si traduce in virtù evocativa e creatrice. La modernità del Villaroel non sta in una ricerca di forme autonome e di modi originali, ma nell'acuirsi della sensibilità sino allo spasimo tutte le volte che il brivido dell'eterno lo sfiora. Ed ecco il poeta proteso, come tutti i poeti veri, a intercettare le voci delle vite sparse sulla terra, che chiamano sempre tormentosamente, e non si può rispondere. C'è una « radio » sempre in funzione in questa nostra sorda umanità, e i vivi e i morti si cercano nella loro disperata solitudine. Terrena pena i cui segni l’Arte, splendore degli uomini, assume per proiettarsi poi nello spazio « trasfigurata dal tempo in favoloso mito ». A concretare la quale proiezione soccorre una bellissima immagine che mette il fatto artistico sul piano del fenomeno astrale: «... come la luce siderea procede nell’infinito - al di là della morte degli astri... ». Questa significazione cosmica del dramma umano è al fondo della lirica villaroeliana e ne sublima la diffusa malinconia sottraendola alla limitata influenza dell'episodio biografico (esempio le poesie dei gruppi Romanzo breve e Commemorazione) e riducendola, in forme metriche impeccabili, alla equazione dell’uomo-goccia di vita che rivarca la trasparenza dei cieli « fino al fuoco di Dio ».
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G. Villaroel.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 12.07.33

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “I libri della settimana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/1131.