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Titolo: Arturo Marpicati

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1932-03-02

Identificatore: 1932_55

Testo: GALLERIA
Arturo Marpicati
La lode migliore che si può fare ai libri di guerra di Arturo Marpicati (é recente la fortunata ristampa del romanzo La coda di Minosse; vi si aggiunge ora un volume di Ritratti e racconti di guerra, editi dal Cappelli) è questa: che il lettore vi saggia la superiorità in senso storico e umano della nostra psicologia bellica. In codesti libri batte il cuore del combattente, il suo occhio osserva, la sua mano annota; nulla si tace ma nulla sì deforma; nè il combattente s'induce mai in u no stato d'animo corrosivo, non rinnega i propri ideali, di fronte alla bruta realtà, ma reagisce da uomo e riafferma la propria autonomia morale. La guerra, egli sa, era questo ma era anche altro: la guerra era fango di trincea, e sangue e carne martoriata, ma era anche spirito; era prosa ripugnante e volgare, ma era anche epica; era umiliazione e offesa, ma anche stimolo potente delle più nobili passioni; soprattutto non era e non fu mal annullamento delle prerogative umane, rinuncia alla personalità. Inoltre in questo nuovo volume il Marpicati rievoca la guerra sotto un angolo realistico e spirituale che tien conto di quel senso di consapevole orgoglio, fenomeno tipicamente italiano, maturato nelle masse combattentistiche per virtù del Fascismo: la rinascita d’un nuovo culto, d'un vibrante spirito guerresco, sensibilissimo e geloso delle grandi e tremende cose della guerra. « Concediamoci ai nostri ricordi — ammonisce il Marpicati — con semplice visione di quella che fu la realtà, senza contraffazioni per amor di colore, per amor di rettorica, o per reazione al disconoscimento ingrato di cui il mondo tuttavia ripaga il nostro incalcolabile contributo di sangue e di valore alla guerra mondiale, e soprattutto senza neri disfattismi morali che mal si difendono anche in nome dell'arte più pura ». Benissimo detto: non da oggi avversiamo le rappresentazioni sadistiche della guerra, che hanno in Remarque il loro Campione più clamoroso: e che sono moralmente false e in pessima fede anche se partono da dati realistici esatti. Il Marpicati non ha aspettato il 1932 per prender posizione: mentre ancora la guerra durava, nella primavera del ’18. usciva un suo volume di liriche ch'ebbe l'onore d’essere citato da Benito Mussolini in un discorso ai mutilati bolognesi come esempio del disinteresse artistico e della ricchezza spirituale con cui un fante poteva, dopo tre anni di vita di trincea, elaborare la materia fornitagli dal quotidiano tremendo spettacolo della morte ih agguato. Oggi abbiamo Ritratti e racconti di guerra da. aggiungere ai documenti, della probità artistica e morale del Marpicati, uomo di lettere e uomo d'azione, figlio di una generazione d’intellettuali che hanno risolto nella guerra e nella rivoluzione la loro crisi. Vi sono, nel nuovo volume, pagine schiette e nude, antiletterarie, in cui il ricordo della vita di guerra diventa, per la sola evidenza del fatti, sostanza d'arte: Come morì un generale. Epifania di sole. L’offerta degli umili son capitoli d’un diario spirituale degno dell’avventura. E tra i «ritratti» non si dimenticano quello a tutto rilievo, del Re, quelli dei condottieri come Cadorna e Giardino, quello del combattente e poeta Giosuè Borsi, quello del bersagliere Mussolini destinato, dopo la guerra, a reggere con la saldissima mano il timone della nostra nave in rotta verso i suoi porti sicuri.
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File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 02.03.32

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Arturo Marpicati,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 03 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/311.