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Titolo: Scoperte in biblioteca

Autore: Ugo Betti, Adriano Grande

Data: 1938-11-09

Identificatore: 1937-38_46

Testo: Le inchieste del "Diorama"
Scoperte in biblioteca
Abbiamo rivolto agli scrittori italiani questa domanda:
« Nelle vostre letture, avete mai riscoperto un libro generalmente dimenticato: o avete scoperto un libro di autore poco noto o magari ignoto del tutto che vi ha fatto una grande impressione? ».
* * *
La prima risposta pervenutaci è di Aldo Palazzeschi, e non è affatto consolante. Eccola nella sua laconicità... pessimistica:
No, non mi è mai capitata questa poco invidiata fortuna. Ma la disgrazia contraria sovente.
Aldo Palazzeschi.
Direte che cominciare un’inchiesta con una si recisa sentenza non è di buon augurio. Ma il « Diorama » non chiede ai suoi collaboratori delle risposte a rime obbligate ed è anzi felicissimo di trovare dei Bastiani contrari: vorrebbe anzi ce ne fossero di più, tanto gli garbano la discussione e la polemica. E poi Palazzeschi è un uomo di spirito, che fa sempre piacere ascoltare. Per essere spiritosi come lui, gli replicheremo dunque che ha avuto torto di non insistere. Non bisogna mai fermarsi alle prime delusioni.
* * *
Ed ora le risposte « costruttive » di due poeti, Ugo Betti e Adriano Grande.
Penso a un volumetto che trovai, anni fa, nella mia casa di Camerino, in fondo a uno scaffale. « Camerino e i suoi dintorni, descritti e illustrati dal prof. Aristide Conti — Camerino, Tipografia Borgarelli, 1874 ».
Il libretto conduce un immaginario forestiero a visitare i vari sestieri della città, ma è, insieme, della città, oltreché una guida, una storia; e, inoltre, un rapporto degli usi in essa vigenti e trascorsi; e poi una esposizione dei problemi cittadini d'ogni genere, una innamorata difesa delle prerogative bellezze e curiosità locali, una descrizione di tutto quanto, dentro le vecchie mura e intorno ad esse, era o sembrava notevole, a cominciare dalle conchiglie fossili raccolte sui monti vicini, per finire ai bei lecci che in qualche punto verdeggiano fra le case; non senza poi che l’autore dica la sua sugli avvenimenti storici e politici che in quel tempo agitavano la nazione, nonché sui costumi, in via di cambiare, nonché sulla bontà e sulla cattiveria degli uomini in generale e dei camerinesi in particolare.
Tale varia materia si compone in un discorso di gratissimo sapore, fatto di osservazioni indulgenti, di ricordi appassionati, di maliziose divagazioni.
Ma ciò che piace in esso, non è tanto la magra vecchiotta eleganza della pagina e il buon suono di una cultura diventata affabile umanità; ma è soprattutto quella cara e ricca ingenuità, quel credere così naturalmente e magari sentenziosamente nella verità e nella virtù, quella lindura d’animo che diventa lindura di parole, quella cortesia, quella dignità, quella finezza veramente incantevoli specie considerandosi il piccolo e chiuso luogo in cui fiorivano. È in ogni pagina l’agio tranquillo che hanno le parole quando esse esprimono cose sinceramente, tranquillamente sapute o credute, Cordiali, umane parole; e come viva balza da esse quella vita, — sepolta da tanto tempo — piccola vita, ma anch’essa, non meno di quelle parole, tranquilla e umana e onestamente modesta. Mi piace riportare un’ottava, citata in questo libro, di un antico canto (di autore ignoto) scritto in antico dialetto camerinese a onore di tale Ghiorghietta (Giorgetta) ed inedito.
Sentite la descrizione della fanciulla:
La tua persona è fatta sì de puntu Che mejo non sa fa nu dipintore, Quanno esci de casa pari appuntu La luna piena ch’ha tantu splennore; Chi te vede, bisogna faccia cuntu Voja o nun voja, de portatte amore: Massime la domeneca a matina, Quanno te mitti la gonna turchina.
Ugo Betti.
* * *
Un libro dimenticato... I libri che ho dimenticato non credo che siano molto importanti. Ogni tanto riscopro qualche libro importante, nelle mie letture: ma mi accorgo, procedendo nella lettura, di non averlo mai dimenticato. Quanto a scoprire libri importanti di autori ignoti, queste son fortune che non càpitano a me. Eppoi l’importanza dei libri, quando si tratta di veri e propri capolavori, è tutta soggettiva, appartiene, più che ai libri, a colui che li legge.
Importantissimo fu Salgari, per i ragazzi della mia generazione: ma a rileggerlo ora ci farebbe un triste effetto. In fatto di « avventure » abbiamo, dopo di allora, letto e vissuto cose molto più vive e meno generiche. Salgari fu uno schema, per la nostra fanciullezza. E, comunque, non l’abbiamo dimenticato. In fondo, non si dimentica nulla di ciò che si legge: nemmeno il giornale illustrato che si sfoglia dal barbiere o in tranvai.
Non posso dire, con la tristezza del deluso dalla vita e dalle lettere, « ho letto tutti i libri ». Ma siccome mi manca il tempo di leggerli, come sognai un tempo (oh, l’ideale d’una torre imbottita di sapere, fuori dalla tempesta del mondo, quanto ci perseguitò: la torre di Montaigne! ) faccio economia, ormai: e leggo solo i libri che a priori son certo che non mi deluderanno: libri raccomandati da lettori più avveduti di me...
M’accorgo che, in sostanza, non sto rispondendo affatto all’inchiesta del « Diorama ». Potrei rispondere che ho riscoperto Platone, Aristotele, San Tommaso: oppure i Vangeli. Ma non si tratta certamente di autori dimenticati, nè da me nè da altri, anche se pochissimi li leggono, meno assai di quanto si creda o dica. Oppure, potrei rispondere che m’è capitato di riscoprire il « gran libro della natura »: ma sarebbe un darsi delle arie. E allora, dirò la verità: ogni tanto mi càpita di leggere dei libri da me dimenticati e d’un autore poco noto: i miei. E mi fanno davvero, ogni volta, una grande impressione. Mi sembra che li abbia scritti un altro, che sapesse assai poco di me.
Adriano Grande.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 09.11.38

Citazione: Ugo Betti e Adriano Grande, “Scoperte in biblioteca,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 10 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/2365.