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Titolo: Inchiesta mondiale sulla poesia

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1931-12-09

Identificatore: 231

Testo: Inchiesta mondiale sulla poesia

Le risposte al nostro questionario

Abbiamo aperto sugli aspetti spirituale ed estetico del problema della poesia nel mondo un’inchiesta alla quale sono chiamati a rispondere i rappresentanti più insigni dell’arte e del pensiero del nostro e degli altri Paesi. Le domande sulle quali chiediamo ai poeti e ai pensatori di tutto il mondo di pronunciarsi sono le seguenti:

1. Qual è oggi la situazione della poesia nel mondo?

2. Quali sono le sensibilità nuove che vi si manifestano, volte alla ricerca di nuova materia di ispirazione e di forme originali?

3. Esiste una nuova poesia che sì ispira alla civiltà meccanica del nostro tempo?

4. Quali sono le nuove possibilità tecniche della poesia, e quale valore attribuite alla sua evoluzione che dai metri chiusi ha condotto al verso libero e al di là di questo alle parole in libertà?

Jacques Maritain

E' il capo del movimento cattolico francese ed uno dei capi dell'intellettualismo cattolico d’oggi: la sua voce è ascoltatissima anche in Valicano. Per suo merito, per i suoi studi che ne mostrano l'attualità, San Tomaso d’ A quino ha ripreso, dopo la guerra, anche tra i laici, il suo posto di « dottore angelico ». Jacques Maritain dirige la collezione « Le roseau d’or », dell'editore Plon nella quale ha accolto opere dei più illustri rappresentanti del pensiero filosofico cattolico, da Hilaire Bet toc a Massis, da Chestertion a Claudel, da Ghéon a Bernanos. Una delle costanti preoccupazioni di Maritain, ne' suoi libri e ne’ suoi saggi, è di mettere in chiaro il punto di contatto tra il sentimento estetico moderno e il sentimento religioso.

Mi sembra che uno dei caratteri che più colpiscono nella poesia da mezzo secolo in qua (Baudelaire comanda tutto questo periodo) sia il grande progresso ch'essa ha compiuto nella coscienza di se stessa: progresso, se si vuole, nel senso della poesia « pura » o autonoma, intendo dello spirito della poesia; ed è questa, a mio avviso, una cosa diversa da quella che l’abate Brémond chiama « poesia pura (o vuota di senso) », è la messa in libertà d’un dono spirituale di percezione e di disponibilità, o di sensibilità a tutti i sensi invisibili di cui rigurgitano le cose, ai loro significati segreti, alle « corrispondenze » di cui parlava Baudelaire, ai misteri dall'alto e dal basso ch’esse si comunicano silenziosamente, ai segni di riconoscimento che si scambiano tra di loro e con noi in un commercio di giustizia o d’errore, di misericordia o di violenza, insomma a tutto lo spirituale immanente alla realtà e in cui noi abbiamo il diritto di riconoscere un segno della sua origine sopra-sensibile. Una tale sensibilità di spirito ha per condizione, del resto, una grandissima sensibilità dell’immaginazione e delle forze affettive, ed essa può tanto arrivare a una specie di magia nera quanto apparire una sorta di lontana prefigurazione, ancora carnale, dei doni della grazia.

Ne risulta che la poesia si mostra sempre più trascendente nei confronti dell’opera d’arte.

Da ciò doveva necessariamente seguire la disarticolazione dei metri regolari e delle forme classiche; si ritorni o no a queste forme, una certa libertà è stata così e resterà conquistata. Si comprende pertanto come la poesia abbia dovuto provare la tentazione d’entrare in guerra col linguaggio; da questo punto di vista bisogna considerare la fase delle « parole in libertà » come un episodio violento e provvisorio per il quale era quasi inevitabile passare. Nello stesso tempo si vede la poesia separarsi sempre più dall’intelligenza considerata nel suo funzionamento razionale, e, in una maniera del tutto generale, dall’umano come tale. Il problema, per la poesia, è, da questo momento, di non perire in un’atmosfera troppo rarefatta.

Che una reazione debba prodursi, ciò mi sembra nell’ordine delle cose. D'altronde essa è necessaria per il bene della poesia medesima. E’ da temere tuttavia che tale reazione sia condotta come una battaglia contro la poesia in nome dei valori umani e sociali, e d’un servizio imposto di viva forza a chi non è fatto per servire. Passeremo indubbiamente per un periodo di misconoscimento dei valori poetici come tali. Ma le cose dello spirito, si tratti delia poesia, della scienza o della metafisica, hanno le loro proprio leggi: immobilizzate per qualche tempo, in apparenza, da un lavoro di riparazione dei tessuti profondi, bisognerà bene che la ripresa della poesia ricominci dal punto più alto conquistato finora.

Raggiungere l’uomo e la verità della sua natura, riprendere contatto con la realtà terrestre le forse anche con la realtà divina) e guarire così di un’avarizia e d’una sensualità spirituali troppo spesso scambiate per la purezza in persona, tutto questo senza tradire il proprio destino e la propria autonomia, è per la poesia di domani un terribile compito, reso più difficile ancora, a quanto sembra, dalle circostanze d’ordine morale e sociale in cui il mondo oggi si trova. E’ nel pieno sviluppo di una vasta dissoluzione etica, agonia dei periodo borghese della nostra civiltà, che s’è prodotto il progresso della poesia nella sua linea pura di cui parlavo in principio. Nel periodo rivoluzionario nel quale viviamo, dei doveri d’ordine essenzialmente umano e di carattere urgente sollecitano gli spiriti. Nessuna connessione necessaria si mostra tra le esigenze delia poesia e questi doveri culturali e le metamorfosi del mondo a cui noi assistiamo. Tutto ciò resta nell'ordine della causalità materiale nei riguardi della poesia. A più forte ragione si può dire altrettanto del regno della macchina e delle meraviglio tecniche che caratterizzano un aspetto della nostra civiltà.

E’ un’illusione credere che queste cose siano per so stesse nemiche della poesia; le forniscono, al contrario, una materia di rara bellezza, carica per così dire di tragico, perchè è insieme inumana ed umanamente elaborata. Ma è un’illusione altrettanto grande credere che queste cose siano per se stesse atte a rinnovare o a rigenerare la poesia.

Poiché la materia da mettere in opera si fa sempre più pesante, bisogna dire che le condizioni attuali sono particolarmente difficili per il poeta; è logico quindi attendersi un grande scadimento, cosa che del resto si constata già. Ma poichè tutto, in questo campo, dipende dall’ispirazione, e poichè questa dev'essere tanto più forte guanto più la materia è pesante, e poichè si deve sperare che una tale ispirazione sorga con la freschezza e l’energia necessarie, si può anche dire, al contrario, che la poesia trova nelle condizioni e circostanze di cui ho parlato l’occasiono d’un profitto incomparabile. E forse riuscirà per tal modo a incarnarsi di nuovo in qualche grande opera, dico grande dal punto di vista della massa e dell'importanza monumentale.

Qui bisogna notare ohe la grandezza dell'opera non dipende dal solo poeta, ma anche dal suo accordo col mondo, con un universo umano percorso intieramente a sua volta da una potente i spirazione e capace di raggiungere così una certa unanimità spirituale. Non e colpa dei poeti, è colpa della nostra civiltà se in Europa la poesia, per conservare pura la propria essenza, ha dovuto rifugiarsi nelle forme più tenui e per così dire nel nulla, oppure abbandonare le forme verbali per rifugiarsi nella pittura o nel cinema. E' verosimile che invece la Russia, per il fatto dell'unanimità rivoluzionaria che l’ispira (quale che sia il giudizio che ognuno di noi può portare sui principi e sul valore di questa unanimità) offra alla poesia delle condizioni d’ambiente tutte diverse; è là senza dubbio che la poesia potrà ritrovare al più presto una certa grandezza, ricóngiungendo nella mistica d’un popolo la carne dell’umanità. E’ successo lo stesso con valori etici molto differenti ogni volta che questi valori sono stati universalmente riconosciuti. E questo si realizzerà ancora nella nuova cristianità in cui noi speriamo. Se accada tuttavia che fare una grande opera in accordo con lo spirito d’un mondo debba essere negato a coloro che amano Dio, essi almeno potranno in questo caso ricordarsi che il martirio val meglio della stessa poesia.

Jacques Maritain

Gerardo Diego

E' uno dei rappresentanti della giovine scuola poetica spagnola, tra le più. vivaci che oggi conta l'Europa. Le sue ricerche si svolgono in quell'ordine tradizionale della poesia spagnola che dall'accesa vita dei sensi trae un'interpretazione mistica della realtà, espressa in forme preziose.

1) Il regno spirituale della Poesia non muta nè decade mai. Rimane dove era. Ma la sua condizione facendosi più pura, il suo prestigio guadagna in intensità ciò che perde in estensione. La Poesia è ora come sempre una festa per pochi.

2) Non conosco abbastanza il panorama della Poesia universale. Nella mia recente «Antologia della poesia spagnola (1915-1931) », si può vedere ciò ch’io penso nei riguardi della mia patria.

3) Senza dubbio. La civiltà meccanica viene a incorporarsi nella poesia d'oggi con lo stesso titolo di qualsiasi altro motivo esterno. Da essa impariamo inoltro un nuovo senso del ritmo e dell’economia organica. Ma è beninteso che la nuova meccanica sarà sempre al servizio della Poesia e non viceversa.

i) Una risposta a questa domanda richiederebbe la compilazione d'un’intiera Poetica. Mi limiterò a una sola parola: infinite.

Gerardo Diego

Corrado Pavolini

E’ uno degli scrittori più interessanti della giovane generazione. Poeta, commediografo, critico, ha già al suo attivo una ricca, bibliografia: ricordiamo Cubismo futurismo espressionismo (1926) saggio sulle arti figurative; il dramma La Croce del Sud (1927) scritto in collaborazione con Telesio Interlandi e tenuto a battesimo da Pirandello: il volume di liriche Odor di terra (1928) con prefazione di Ungaretti: le prose Elisir di vita (1929), testimonianza d'un artista del tempo mussoliniano. Al Fascismo e ai suoi postulati s'ispira anche, nel campo critico, La fede letteraria; come osservatore di fatti, sociali Parolini. ha pubblicato un'inchiesta sul Reich intitolata Germania, svegliati (1931). Corrado Parolini è, condirettore dell'Italia, Letteraria e rappresenta gli scrittori italiani nel Consiglio nazionale delle Corporazioni.

Non vedo in che potrebbe consistere un'incompatibilità sostanziale tra gli aspetti meglio significativi del mondo attualo e l’ispirazione poetica. Tali aspetti, anche nelle loro forme più atte a colpire le immaginazioni semplici (macchine, metropoli gigantesche, eco. ), non sono in ultima analisi diversi, sa non quantitativamente, da ritrovati meccanici e fenomeni sociali notissimi fin da epoche remote. Nulla vieta di credere che lo « stupore » (movente primo di poesia) provocato dalla transvolata atlantica d’un biondo eroe giovinetto sia d’altra specie da quello dei siracusani di fronte alle diavolerie di Archimede; come nulla induce a supporre che sieno terni non affini quella di Babilonia o delle Piramidi in costruzione per un poeta antico, quello dei grattacieli o delle officino taylorizzate per un moderno.

A mio avviso, la sensibilità degli artisti non solo può, ma di necessità « deve » aderire alla vita contemporanea: dal momento che, di codesta vita, gli artisti stessi sono partecipi, quando non addirittura profeti. I rètori sóli e gli archeologi respirano lontano dalla realtà del tempo. Il vero artista non rifiuta i « temi » del proprio presente; o, quando anche li rifiuti per motivi ideologici e polemici, essi gli rientrano, cacciati dalla porta, per l’ariosa via della finestra: riespressi cioè nello stile cosciente o meno il creatore. Vedi per far due esempi clamorosi, Canova e Mantegna: così figli del loro secolo, non certo greci o romani.

Ho per tal modo risposto, indirettamente, anche alla domanda se un problema del proprio tempo esista per i poeti. Dico che, anzi, non ne esiste altro: dacchè io identifico in arte la parola « tempo » con la parola « individualità ». Oh perchè dunque nessun artista è concepibile fuori d’un tempo determinato? Perchè il tempo, usiamo un linguaggio einsteiniano, altro non è se non la quarta dimensione dell’artista; l’unico modo a lui offerto di risolvere l’immutabilità fondamentale dell’arte in forme originali. Di qui, dell’arte, l’eterno trasmutarsi, col trasmutarsi dei climi storici; e di qui la somma improbabilità ch’essa perisca. Quando si dice che la poesia « non può morire », si dice che le forme della vita cambieranno sempre, senza che mai cambi la vita nella sua essenza (come l'arte per l’appunto).

***

Questo in linea generale. Quanto però agli interrogativi particolari della Gazzetta, richiamandomi all’ultimo di essi debbo fare dichiarazioni dei più marcio passatismo.

« Nuove possibilità tecniche » della lirica non esistono; la lirica non essendo affatto quello « stato poetico di grazia » di cui vanno cianciando i crociani, e, sulle loro filosofiche orme, gli esteti da salotto; ma salda prosa che nel verso s’indìa. L’unica possibile base (secondo mi avverte la mia personale esperienza) d’un fecondo ragionamento sulla poesia, consiste nel riconoscere che i metri chiusi non sono un attributo musicale e decorativo sovrapposto alla poesia, ma la poesia medesima. Nel paragone classico tra vate e sacerdote è patente l’allegoria d’una verità profonda: l’arcana virtù sublimante e trasfiguratrice — magica o mistica che vogliam chiamarla — del ritmo.

Se si rinuncia all’elemento ritmo in questa sua misteriosa accezione e funzione, tutto a questo mondo divien poesia: e non soltanto il poemetto in prosa o le parole in libertà, ma anche il romanzo e il teatro, ma anche il cronistico resoconto d’un fattaccio, e fin l'« oh » meravigliato del bambino, legittima sintesi espressiva d’un moto di lirica sensibilità. (Si pensi quante e quali suggestioni « poetiche » sieno nella meteora che, dopo aver trapassate gli infiniti spazi, viene incandescenti a precipitar nel campo; senonchè la poesia è l’armonioso e puntuale equilibrio degli astri, ritmo, verso, rima). L'enorme equivoco che grava sulla « poesia » moderna è insomma quello di confonderla con la poesia. Si tratta, per me è chiaro, di spesso eccellenti « materiali » per la preparazione della poesia: ma greggi ed eslege, anche quando più risultino di contenuto » poetico » (le meteore son della stessa sostanza degli astri). Personalmente debbo dire d’aver molto a lungo meditato su certe stesure in prosa dei leopardiani Idilli. La chiave dell’equivoco è forse li, a portata di mano. Quegli abbozzi non son meno « belli » delle liriche, è detto tutto. Ecco, mi pare, l’errore di chi nella genuina poesia, còri inverso processo mentale, cercai il bello di sostanza: ossia concetti poetici.

Da questo punto di vista — chi se la senta d’accettarlo — è chiaro che di realizzata lirica moderna ne esiste beri poca. Alcuni segni non indubbi indicano tuttavia l’imminenza di una rinascita: mi spingerò fino a dire che essa sarà italiana, l’Italia essendo presentemente il solo paese dove possa fiorir nuovamente una considerazione religiosa del fatto ritmico. E a questo punto potremmo ripetere quanto già abbiamo osservato sui climi storici.

Nel mondo attuale, concludendo, sono in gran numero gli « spiriti poetici »: rarissimo vi appare il miracolo della poesia. La quale è rientrata nel guscio, guarda caso, con la scoperta democratica della « scienza dell’espressione»; e tornerà a mostrare il suo volto, come già accenna, non appena del l’Estetica sia superato quel tanto che basti a farci ritrovare il significato non scolastico dei «generi ».

Corrado Pavolini

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 09.12.31

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Inchiesta mondiale sulla poesia,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 24 aprile 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/231.