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Titolo: Vetrina delle novità

Autore: non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1936-02-04

Identificatore: 1936_33

Testo: Vetrina delle novità
Vita, dono di Dio. E il dono non mentisce se siamo pronti a servircene come Egli ha comandato. È una consegna, una fiaccola da tramandare. I modi di servirla, questa consegna, sono molteplici, le vie infinite. Ecco il motivo iniziale della nuova raccolta di liriche di Ada Negri, che si intitola, appunto, Il dono (ed. Mondadori, Milano - L. 12). La poetessa lombarda, che da anni ha abbandonato il canto spiegato e le posizioni polemiche, si china un’altra volta su se stessa e si confessa con accenti di profonda e sincera umiltà che sembrano sorgere dalle radici più profonde della sua femminilità e conferiscono alla sua autobiografia poetica un senso e un carattere non confondibili con altri. Alla sera che s’avvicina, alla resa dei conti, Ada Negri oppone un animo fermo e una severa coscienza appena velata di malinconia, dietro il cui velo traspare la luce della superiore certezza. L’esame intimo e la confessione si risolvono ben presto in preghiera. Forse c’è tempo ancora di spendere bene la vita che rimane, forse « ancora è tempo di donarti, o dono di Dio ». E riaprendo gli occhi al mattino dopo il profondo sonno fratello della morte, la poetessa implora per il nuovo giorno che le è concesso:
... fa ch’io l’accetti come una prova: fa ch’io lo trascorra dimentica di me, viva soltanto alla pietà per altri, unica forza che mi difenda da me stessa...
Il pensiero della morte è dominante. La vita è passaggio alla morte, l’ultimo approdo del « dono » sono le rive eterne. Essa è già in noi quando si nasce, cresce con noi, se la vita ha una certezza, è la morte quella certezza: « dietro ogni atto, ogni sogno, ogni speranza — s’allunga il nero della tua grande ombra ». Non triste, anzi serena, poiché tu « sorella sei della vita ». Se mai, le si può chiedere perchè si deve tanto soffrire se poi la conclusione è questa; perchè tra il basso peso della carne e il soffio in cui respira Iddio, nel punto estremo del separarsi, così stretto è il nodo che lo strappo è martirio?
Domande senza risposta. O la risposta ce la darà la morte stessa nell’atto in cui ci scioglie dai legami terreni. Bisogna accettare la sua legge senza chiedere, umilmente. E allora la stessa nostalgia del passato si risolverà in un rimpianto in cui tremano desideri d’innocenza ritrovata e di pace conquistata.
Il volume è dedicato a una gentile donna morta, a Delia Notari, ed è degno di lei; nel gruppo di liriche che a lei s’intitolano (forse le più alte e significative della raccolta) il canto assume andamento e tono di elegia che non si esteriorizza in compianti verbali e in accorate deplorazioni della crudeltà e ingiustizia del destino, ma si illumina dall’interno, deriva forza persuasiva e virtù etica da una interpretazione umana e serena della morte, il qui insegnamento ci trova, si, inermi quanto al fenomeno fisico, ma armati di speranza quanto al suo significato religioso e morale, corazzati di fede quanto al suo fine: anche senza sapere, vogliamo credere; credere che la creatura morta è vivente, che « dal morir, la vera — sua durabile vita oggi comincia ».
L’arte della poetessa riplasma la donna scomparsa in delicate figurazioni, la riporta dal regno dell’ombre nella realtà, deriva dal suo esempio argomenti di equilibrata valutazione del nostro comune destino, e ne ritrova l’immagine e l’eco negli aspetti del mondo che la morta ha abbandonato per ben altre mète. E la meditazione si conclude infine con un atto d’amore, in cui l’anima dolente e perdonata inizia un colloquio con Dio oltre i confini dello spazio e del tempo, con l’ineffabile certezza che nella vita tutto è giustizia, anche il dolore. « tutto fu bene, anche il mio male... ».

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 04.02.36

Citazione: non firmato (Lorenzo Gigli), “Vetrina delle novità,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 27 luglio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/2249.