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Titolo: La vendita del libro

Autore: Giovanni Comisso

Data: 1934-02-14

Identificatore: 1934_144

Testo: La vendita del libro
Nel numero di domenica 11 febbraio dell’Italia Letteraria si tratta nuovamente del problema della vendita del libro: e si dicono cose assai giuste. Ora io mi permetto di aggiungere alcune osservazioni al problema per quella esperienza di libraio che ho avuto e per quella di autore. Come libraio devo dire che vi sono momenti delle quattro stagioni dell’anno in cui il libro viene più o meno venduto. Ecco i momenti migliori: principio dell’autunno, o in altri termini: prime piogge; fine dell’anno; inverno: ultimi di giugno, o in altri termini: vigilia della villeggiatura. I momenti peggiori: inizio della primavera e l’estate (nelle città rese deserti dalla caldura). Questa è una legge fatale del tutto inerente al clima e al temperamento del popolo italiano: legge alla quale bisogna adattarsi come librai e come autori ed editori. ed è difficile mutare. Solo potrebbe leggermente correggersi seguendo il cliente con fornite librerie nei maggiori centri di villeggiatura. Ottima a questo riguardo è l’iniziativa del Comune di Viareggio di abbinare il Premio Viareggio alla Festa del Libro. Questa Festa del Libro, sebbene sia come l'ossigeno per chi è destinato a morire per un male profondo, sarebbe utile che si facesse pure in altri centri di maggiore affluenza di villeggianti, come per esempio: Cortina d’Ampezzo, Merano, Abbazia, Capri, Rimini, ecc. La Festa del Libro serve per così dire in superfice, ma non in profondità. Serve anzitutto per quegli scrittori che hanno tempo, denaro e pazienza, potendo così seguire le varie Feste, ma non serve organicamente alla risoluzione del problema della vendita del libro. Come libraio potei osservare come veramente giovasse invece una recensione, indipendentemente dalla firma del critico, purchè apparisse sul principale giornale della città. Subito dopo, venivano a chiedere il libro di cui si parlava. Ma i principali giornali delie varie città italiane, purtroppo non adottano un sistema di ampia reciprocità circa la critica delle opere degli autori che siano collaboratori di giornali diversi e concorrenti. Ora al riguardo vorrei fare due domande, prima: In regime fascista ha o non ha la stampa verso la creazione del libro un dovere nazionale di recensirlo? Seconda: La creazione di un libro italiano è o non è un contributo alla vita spirituale della Nazione? Se si risponde di sì a queste domande, allora perchè certa stampa italiana riguarda come non esistenti certi autori che collaborano ad altra stampa considerata come concorrente? La Gazzetta del Popolo dà in vero esempio di superiore generosità al riguardo, ma certi altri giornali invece considerano gli scrittori che non collaborano sulle loro pagine addirittura come stranieri, anzi peggio che stranieri, perchè per questi hanno sempre l’articolo pronto ad ogni paginetta scritta. Si può poi pensare una concorrenza tra giornale e giornale, data la funzione sociale totalitaria che oggi ognuno deve avere? E se oggi dalla unità della stampa trae vantaggio l’idea politica, finanziaria, commerciale, perchè invece ne deve rimanere esclusa proprio la produzione libraria, rispetto alla quale si vuole far sussistere un tempo di divisioni, partigianerie e consorterie che proprio il Fascismo ha annientato?
Quello dunque che è da augurarsi circa il tanto utile articolo di segnalazione, è che i grandi quotidiani italiani instaurino un sistema di reciprocità, tenendo presente che la loro funzione e quella dello scrittore sono entrambe subordinate al vantaggio spirituale della Nazione, superiore a quello particolare dell'essere o no quello scrittore collaboratore delle loro rispettive terze pagine. L’articolo dell'Italia Letteraria censurava principalmente il mestiere del libraio e con ottime ragioni e ottimi esempi. Se si vorrà vendere il libro in Italia bisogna organizzare l’elemento uomo nelle librerie. Normalmente si cacciano a fare da garzoni in una libreria gente che è stata bocciata agli esami di terza ginnasio. Gente cioè che ha un’infarinatura di sapere; che non sa niente e che non pensa di accrescere la propria cultura. I principali difetti della quasi totalità dei librai italiani sono: primo, di non tenersi al corrente della critica letteraria; secondo, di non tenere la libreria perfettamente fornita di tutti i libri che abbiano avuto una notevole segnalazione; terzo, di non rinnovare l’esposizione nella vetrina di libri di edizione passata, e questo in relazione con l’ultima novità dello stesso autore. Anzitutto bisogna convincersi che, come per le merci, il libro non si compera se non lo si espone. E nell’esporlo bisogna avere una certa conoscenza della materia, del valore e una certa grazia nella disposizione. Al riguardo L'Italia Letteraria dava esempi eloquentissimi quanto la mentalità generale del libraio italiano sia deficentissima. Ho veduto librerie sfornite di libri editi dalla casa che era anche proprietaria delle stesse librerie anche quando questi libri rappresentavano delle novità sia premiate che ottimamente recensite; ho inteso librai rispondermi di non avere un libro che poi si trovava esposto sullo stesso banco, oppure chiedendo un libro, rispondermi di non averlo e insistere ad offrirmene un altro come fosse la stessa cosa. Ma pubblico e autori in proposito non hanno scarsità di testimonianze. Quello che è certo è che oggi l’Italia ha una letteratura moderna di primo ordine e che nello stesso tempo, ingratamente, questa letteratura non ha nè acquirenti, nè lettori (un libro premiato e benissimo recensito non supera le seimila copie di vendita). Fenomeno strano questo rispetto alla Russia, dove dopo la rivoluzione con una produzione per nulla superiore alla nostra, si sono viste stampare edizioni di centomila esemplari. Ma io dirò questo: che a Mosca ho visto il libro esposto in lettura persino nelle sale di attesa dei cinematografi e librerie organizzanti fantastiche mostre per tutti i giovani scrittori della nuova epoca. Il fatto è che se lo scrittore non trova un utile nella pubblicazione dei suoi libri, finisce, come dicevo nell’articolo «L’elzeviro» pubblicato tempo fa sulla Gazzetta del Popolo, coll’instradarsi verso generi letterari più spiccioli e più soddisfacenti, come l’elzeviro. Il problema della vendita del libro, io mi accontenterei che venisse considerato e risolto alla stregua di quello per la vendita di un qualsiasi prodotto alimentare, anche il più umile.
Giovanni Comisso.
Il 23 febbraio la Polonia commemora il settantacinquesimo anniversario della morte del grande poeta Sigismondo Krasinski, che si spense in esilio a Parigi nel 1859.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 14.02.34

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Citazione: Giovanni Comisso, “La vendita del libro,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/1509.