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Titolo: I libri della settimana

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1933-10-11

Identificatore: 1933_446

Testo: Libri della settimana
Allucinazioni della Città Nuova
Riccardo Marchi è stato portato avanti da due successi meritatissimi: il premio (ex) dei Dieci 1929 per il romanzo Circo Equestre, rivelatore d'un temperamento artistico calibrato negli incontri più appariscenti della vita novecentesca, della quale il sentimento romantico dello scrittore rappresenta il fantastico e il patetico con felice equilibrio senza discostarsi degli schemi narrativi tradizionali; e Lo sperduto di Lugh; premiato a Viareggio nel 1931, che può considerarsi un'anticipazione ragguardevole di quella letteratura coloniale che s'aspetta da vent'anni e ha ancora da nascere. A questi due libri s'aggiunge ora il romanzo Allucinazioni della Città Nuova (ed. Campitelli, Roma, 1933 - L. 10) che si può ascrivere per un certo senso alla letteratura utopistica la quale ha oggi il suo più autorevole rappresentante non nel sopravvissuto Wells, residuo della mentalità demomarxistica dell’Ottocento, ma nel raffinato e intellettuale Huxley. Regno dell'utopia, dunque immaginazione surriscaldata, mito, simbolo, ironia, moralità. Se l’evocazione del clima fiabesco tocca i cieli della poesia, l’opera d'arte è nata. Ora Riccardo Marchi ci ha dato un romanzo interessante, vivace, animato da psicologie d’eccezione e da casi grandiosi, che ha per sfondo un panorama babelico sentito nella sua allegorica intensità vitale, in funzione cioè del destino di quella umanità che alberga e che, ignara, non che del domani, dell'oggi, corre incontro a codesto destino senza soffermarsi neppure un attimo a considerare che le offese allo spirito si scontano con le catastrofi collettive. Bastano questi cenni a far intendere come il romanzo del Marchi abbia una sua sostanza attualistica e sia nutrito di idee fatalmente polemiche. Può essere una debolezza; ma l'artista inconsapevolmente reagisce e talvolta riesce a creare quel clima di cui s'è detto. Difficile da scrivere, un romanzo come questo; difficile soprattutto da disciplinare là dove la fantasia concitata e la materia suggestiva impongono la loro tirannia ai fini d’un maggiore e più diretto sviluppo dell’elemento romanzesco. La civiltà meccanica ha qui il suo codice. Senza arrivare al mito fordiano di Huxley in Brave New World, sconsolatissimo e tragico, corollario impensato d’una critica paradossale e umoristica della società umana, il Marchi concreta la sua visione in un paradigma morale elevato, purificato, aspirante alle vette della redenzione attraverso le prove del dolore e la fede nell'eterno. La sua favolosa città diventa in fine una città di Dio: quando Pietro vede dall’alto la macchia nera della città distrutta piange come non ha mai pianto e per la prima volta pensa a Dio. La scomparsa di Urbitan è in questo senso un principio di vita. Si chiude il romanzo, che ha squilibri di proporzioni, una esuberanza di immagini e una febbre di linguaggio che dànno talvolta del disordine, con più d’un ricordo tenace. Certe rappresentazioni della città babelica realizzate dal Marchi possono far testo, e più d’un regista cinematografico le potrebbe utilmente conoscere.
Rolandino notaio bolognese
In una di quelle vetuste piazze di Bologna dove pare che il tempo s’indugi e dove le cose han voci di lontananza che rivalicano i secoli e congiungono l'oggi all’ieri remoto, ammiri un'arca marmorea su agili steli di colonne sulla quale puoi leggere (la traduzione è del senatore Giuseppe Albini) questa epigrafe: « Chiamato per legge di natura, il maestro grande Rolandino padre, proconsole primo della compagnia, lui i notai qui pongono il 31 ottobre dopo 1300 anni dal parto celeste ». Chiamato per legge di natura, cioè morto: e la data si può porre al 31 ottobre 1301. È uno dei pochi elementi certi della vita di colui che fu Rolandino de’ Passaggeri, maestro dell’Ateneo bolognese, glossatore insigne, che dorme ancora nell'arca marmorea erettagli dai notai di Bologna, così come gli altri glossatori nel famoso Studio nelle loro arche gotiche di cui s’adornano le piazze della città petroniana. A Rolandino Passaggeri, alla sua vita e a' suoi tempi dedica una monografia Arturo Palmieri. (ed. Zanichelli Bologna 1933 - L. 18) che esce a distanza di pochi mesi dalla ricorrenza sette volte centenaria dell'iscrizione di Rolandino tra i notai di Bologna: data memorabile per la scienza notarile e per la città. Cominciò infatti nel 1234 l’azione di Rolandino che doveva condurre il notariato ad altezze mai raggiunte e il popolo alla vittoria decisiva contro la feudalità. Prima di affrontare la biografia di Rolandino (diciamo con intenzione affrontare in quanto il Palmieri lavorava su scarsi elementi sicuri, e il suo libro ha anche questo pregio: che sì vale per la prima volta di un materiale prezioso frutto di ricerche nell'Archivio di Stato di Bologna), l'autore dedica una trentina di pagine allo Studio bolognese avanti Rolandino e alto politica bolognese, all’opposizione diritto romano contro diritto comunale, a tutta cioè quella vasta corrente d'idee ch’ebbe in Irnerio un maestro incomparabile e che sfociò pubblicamente nella consultazione della Dieta di Roncaglia. Rolandino nella « Smania actis notariae » volgarizzò i principii di diritto romano elaborati dalla scuola bolognese e su di essi creò i tipi degli atti e contratti necessari all’attività economica della classe borghese, a cui egli, capovolgendo la situazione, andava assicurando il primo posto nel nuovo ordinamento sociale.
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File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 11.10.33

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “I libri della settimana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/1256.