Beta!
Passa al contenuto principale

Titolo: Colloquio con Papini

Autore: Nino Salvaneschi

Data: 1933-07-12

Identificatore: 1933_316

Testo: Colloquio con Papini
Firenze, luglio
Si sa: non da oggi soltanto Giovanni Papini è contrario alle interviste. Il suo temperamento reagisce bruscamente appena si tocca questo tasto anche alla lontana. E lo scrittore mi mette subito di fronte alla realtà.
— Non ho niente da dire. Non rispondo quasi mai alle lettere. Non so parlare. In ogni modo sono lieto di scambiare due parole con lei.
Vi è in questo Papini che mi sta seduto vicino martoriandosi il viso con le mani irrequiete del minatore che fruga e cerca la verità, qualcosa di inatteso e di spontaneo. Direi persino di timido, se non temessi di farlo sorridere. Non so se sia il suo ritorno alla fede, la pratica delle cose religiose, la nuova sensibilità cristiana, ma si sente spesso in lui lo sforzo continuo di eliminare dal suo temperamento quelle brusche reazioni improvvise, che costituivano già una delle sue caratteristiche. Il discorso volge sul recente convegno degli scrittori cattolici. Papini mi dice:
— Oggi si son formati vari nuclei che indicano chiaramente il delinearsi di una vera situazione spirituale. Firenze, Roma, Genova, Bologna, Torino, Palermo, Milano, Napoli per non citare che i maggiori. Dunque qualcosa di più di una promessa caratterizza questo movimento cattolico nostro che progredisce sempre, e bisognerà arrivare a fondare una grande rivista che unisca gli sforzi isolati. Per ora è prematuro e sarà meglio lasciar ancora per qualche tempo che i vari temperamenti plasmino una fisionomia più consona alle future possibilità di questa grande rivista cattolica italiana. Vi sarà molto lavoro poiché certo l’Italia è una grande Nazione cattolica, ma quanta ignoranza vi è ancora tra noi della mistica e della liturgia!... La rivista di cui parlo potrebbe dunque avere un importantissimo campo di azione diffondendo la nostra cultura. Come dice? Del romanzo cattolico? Lei sa le mie idee. Non credo che il temperamento nostro si adatti a questo genere. Quello che mi sembra evidente è che le condizioni del cattolicesimo in Italia impongono agli scrittori di parte nostra una letteratura di conquista. Bisogna far quasi della rapina.
— Ma se questa nuova letteratura cattolica si sta formando da noi, i suoi ventiquattro libri che l’editore prepara per la sua «Opera omnia»: la Storia di Cristo, S. Agostino, Gog, e Dante vivo la impongono come capo spirituale...
Giovanni Papini mi arresta netto con una delle sue vivaci proteste.
— No. Non posso esser un capo. Sono piuttosto rude. Non so essere gentile. Non so parlare. Lei mi ha sentito. Ricorda? Devo leggere le mie conferenze. Mi annoio in genere alle conferenze degli altri. Mi immagino quanto gli altri si annoino alle mie...
Per questo accetto poco volentieri di tenere delle conferenze. E poi, non rispondo spesso alle lettere. So scrivere alla menopeggio. Non ho dunque in me nessuna delle qualità che contraddistinguono un capo, vero?... No, non posso essere il capo di questo movimento letterario cattolico italiano...
Giovanni Papini tace un momento. Poi aggiunge:
— Spero di poter venire a Torino in autunno. Forse per una conferenza se mi deciderò ad accettare. Amo molto Torino quantunque questa città risvegli in me dei ricordi dolorosi: vi è morto mio padre...
Giovanni Papini, quando esce dai suoi silenzi, parla con una fluidità toscana, chiara, arguta e sprizzante di ironia. Ma ora spesso cerca di correggere questa sua innata qualità mordace con toni di commozione calda e generosa.
— Se lavoro molto? Attraverso periodi di indolenza dai quali mi sveglio solo per mettermi a scrivere. Leggo moltissimo. Non ho regole fisse. Sto un po’ a Firenze e un po’ in campagna a Pulciano, dove mi isolo facilmente. Non desidero enunciare programmi di lavoro, perchè in genere non si mantiene quanto si promette. Non posso dirle quale è l’opera mia che preferisco. Quella che ha interessato di più è certo la Storia di Cristo. Nell’America del Nord se ne sono vendute decine di migliaia. Ora anche Dante vivo è tradotto in sette lingue. Scrivo da molto tempo. Si immagini, ho incominciato a sette anni e ne ho 52. Mi pare di aver detto tutto. Che cosa desidera ancora?...
Giovanni Papini ha una maniera di interrogare tutta sua, poichè toglie immediatamente ógni voglia di rispondere. Ad ogni modo mi faccio forza e chiedo all’illustre scrittore che cosa prepari di nuovo.
— Sto lavorando alla Storia di Adamo. Sarà la mia opera capitale, quella alla quale tengo di più. Mi occupa da oltre venti anni. Sarà la storia stessa dell'umanità, dal bruto al santo. Naturalmente, pensando la Storia di Adamo, ho anche scritto altro. La Storia di Cristo è infatti nata in uno di questi intermezzi. E poi sto preparando pure una Vita di Michelangelo. Come dice? La Madonna? Certo vi ho pensato. Ma è un soggetto assai difficile. E bisogna attendere il momento della grazia e della poesia...
Giovanni Papini chiude il suo dire con leggeri, tocchi quasi timidi come temesse di spegnere qualcosa che era stato misteriosamente acceso in mezzo a noi. Certo, chi ha detto che questo grande scrittore è un orgoglioso non lo conosce in profondità.
Nino Salvaneschi.
Giovanni Papini.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 12.07.33

Etichette:

Citazione: Nino Salvaneschi, “Colloquio con Papini,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://www.dioramagdp.unito.it/items/show/1126.